Mi trovo davanti a un centenario. È la prima volta che mi capita e così tiro fuori il registratore. Voglio ascoltarlo, capire com’è arrivato fino a qui.
La mia prima domanda, con il rispetto che in Calabria si deve alle persone di una certa età, gliela faccio al plurale:
«Avevate mai pensato di arrivare a cent’anni?».
Il signor Peppino mi guarda con un sorriso furbo e risponde:
«Jamais».
Sorrido anch’io:
«Francese? Ma conosce anche il francese?».

Mi prende sul serio e comincia a snocciolare le lingue della sua vita: francese, italiano… e piemontese.
Scopro così, grazie ai familiari accanto, che ha vissuto per anni in Valle d’Aosta. E quel dialetto del nord, il piemontese, è rimasto con lui. La memoria lunga, quella che affiora quando si torna indietro nei ricordi, lo riporta là: agli anni del lavoro, ai paesi lontani da casa, ma fondamentali per la sua storia.
Accanto a lui c’è Clementina, la moglie, più giovane. I suoi occhi brillano. A un certo punto Peppino mi guarda e dice:
«Ma perché non fate qualche domanda anche a lei?».
Un familiare scherza: «Ma oggi è il tuo compleanno! Sei tu il festeggiato».

E lui, serissimo: «No, fate le domande anche a lei».
Si condividono le interviste, come si sono condivise le vite. Le passioni.
Così chiedo: «Quanto è importante l’amore?».
E lui, senza esitare: «Importantissimo. Non ho termini».

Dice che ha sempre camminato tanto, che ha mangiato bene, che è stato una persona felice e serena. E si vede.
Nei sorrisi degli amici, negli sguardi pieni di affetto dei familiari, nelle due nipoti Valentina e Karole che lo guardano con orgoglio. Nei figli Maria Concetta e Michele che oggi celebrano con lui cento anni di vita piena.

E poi, sorrisi, abbracci e fotografie e la torta. Una scritta semplice, ma potente, campeggia tra le candeline:
«Nel libro della vita sei arrivato a pagina cento».

E in quel libro, sfogliato con calma, con passi lenti ma decisi, c’è tutto: il lavoro, le partenze, l’amore condiviso, le parole dette in più lingue, i gesti silenziosi, i ritorni. C’è la storia di un uomo che ha attraversato un secolo restando fedele alla sua serenità. E che oggi, più che mai, sa che la vita — come un buon libro — va letta tutta, una pagina per volta.
«Fate ogni cosa bene, perfetta». Mi saluta così, ringraziandomi per la mia presenza. Ed io mi porto via le sue parole come un piccolo tesoro, una bussola per i giorni che verranno.
