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lunedì, Dicembre 2, 2024

Apre La Biennale dello Stretto e c’è tanto talento taurianovese

L'architetto Alfonso Femia costruisce un sogno sullo Stretto

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Un tuffo dove l’acqua è più blu. Ecco cos’è La Biennale dello Stretto in scena da ieri 30 settembre fino al 4 ottobre tra Calabria e Sicilia. Cinque giornate di studio dedicate al Mediterraneo, ai suoi territori e alla sua cultura, tradizione e lingua. Una narrazione fatta di parole a colori, du scrusciu du mari, di geometrie che permettono ai pensieri di prendere forma.

L’inaugurazione nella cornice di Forte Batteria Siacci di Campo Calabro, la più grande delle fortificazioni umbertine delle due rive dello Stretto. La mostra internazionale allestita in un luogo completamente riqualificato. Neanche poi con molto. Piedi sulla sabbia, per non calpestare la storia invisibile di un luogo che te la restituisce con una forza dirompente tra squarci mozzafiato che ti fanno sognare.

Anche Reggio e Messina sembrano più vicine, e non perchè le guardi dall’alto, ma perchè per un uomo, figlio di un elettricista, il mare non è mai stata l’ultima spiaggia. Gli architetti d’altronde sono da sempre un popolo di navigatori, gente un po’ così, bizzarra e a volte solitaria, ma capace di fare squadra e di isolarsi anche in una piazza affollata.

Sei seduto in uno dei tanti incontri che riempie il programma della Biennale di personalità e personaggi, come tetto il cielo, mentre ti senti stretto e libero tra mura del 1800 che fortificano anche convinzioni, come quella che l’idea della Biennale dello Stretto possa essere nata in Italia, in Spagna o in Francia, non importa dove, ma per pensare Reggio e Messina al centro di un’unica visione di sviluppo sicuramente l’architetto Alfonso Femia in quel momento era solo.

L’incontro serale ha come titolo Paesaggi Invisibili, iniziato subito dopo La ricerca del cambiamento moderato dal giornalista Giuseppe Smorto. Il regista e produttore Stefano Savona racconta il suo documentario girato a Bergamo durante il lockdowm e dice che spesso bisogna “spegnere tutte le luci piuttosto che illuminare per vedere quello che ad occhio nudo non si vedrebbe”.

E allora immagini che l’architetto Alfonso Femia non fosse soltanto solo ma anche al buio. Lo Stretto è una porta e una linea che tiene insieme Africa ed Europa e forse per anni sono state spese energie e progetti per la costruzione di un solo ponte sullo Stretto, senza sviluppare i tanti ponti che esistono già.

Ora la Biennale non è solo un evento, ma un cammino sancito con la firma del protocollo tra le due Città metropolitane di Reggio e Messina, società benefit 500×100 e l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Reggio Calabria.

Con l’architetto Femia un comitato scientifico di eccezione ed un pool di architetti, ingegneri, urbanisti, fotografi, paesaggisti, allestitori, narratori, ma anche imprenditori ed artigiani del territorio.

E c’è Taurianova, non solo nei nostri dialoghi, ma anche fra i talenti e gli espositori. C’è perchè ha dato i natali all’architetto Femia, tra i più grandi architetti al mondo. Ed è bello che con uno dei più grandi architetti del mondo, chiedendo i suoi luoghi da bambino, attraversi con la mente il corso, la villa comunale, le strade accanto al Comune e poi le campagne delle periferie degli anni ’60.

Taurianova c’è con l’architetto Salvatore Greco e con i suoi Bronzi blu. C’è con lo scenografo Aldo Zucco e i suoi allievi dell’Accademia di Belle Arti di Catania e la danza dei pesci volanti. C’è con Grazia Bono e il Teatro delle Rane. C’è con l’attore sperimentale Antonio Greco che si è esibito con Davide Varone nel dialogo breve “Ho sognato di morire in guerra e Dio mi ha perdonato…“, adattamento da “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. C’è con il vino buono delle Cantine Caccamo.


Campo Calabro acquista quell’aria da intellettuale un po’ snob. Sorseggi un buon bicchiere di bianco dai riflessi verdi lucenti che ti fa l’occhiolino, il Maidoma, intenso e agrumato, ti fermi con gli amici, saluti volti conosciuti, e sei “felice come il tragitto da casa al mare”. Perchè il Mediterraneo ha il viso sbarazzino di chi è capace ancora di stupirsi. E stupisce anche te.

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Nadia Macrì
Nadia Macrì
direttore

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