Taurianova Capitale del Libro 2024 sta sfogliando tante pagine, tante storie che diventano viaggi.
Ieri ha accolto e ospitato con grande onore la vaticanista Manuela Tulli, autrice insieme a don Pawel Rytel-Adrianik, del libro “Uccisero anche i bambini. Gli Ulma la famiglia martire che aiutò gli ebrei” (Edizioni Ares), pubblicato in italiano e in inglese, e sono in preparazione versioni polacche, spagnole, portoghesi e cinesi.
Il libro intreccia la storia degli Ulma con quella della seconda guerra mondiale. Era il 1944 e in un paesino della Polonia, Markowa, viveva una famiglia bella e numerosa. La famiglia Ulma giusti tra le nazioni (che è l’onore più grande che lo Stato d’Israele concede a non ebrei) e beati per la Chiesa. Papa Józef, mamma Wiktoria, con i loro bambini Stasia, Basia, Władziu, Franio, Antoś, Marysia Ulma e il piccolo, senza nome, ancora nel grembo della mamma, uccisi dai nazisti per aver nascosto degli ebrei.
Il libro è il frutto di un’accurata inchiesta giornalistica che la vaticanista Manuela Tulli ha ripercorso nell’antica Chiesa del Rosario tra un pubblico di famiglie, compresi i bambini che hanno regalato un’emozionante versione dell’inno scritto da mons. Marco Frisina per la Giornata Mondiale dei Bambini.
“Siamo noi la gioia e la speranza. Siamo noi la novità del mondo. Porteremo il nostro canto di pace e un sorriso per chi non ce l’ha più”. Note e voci che si sono unite ai gessetti e alla preghiera di Antonella Larosa, direttore artistico del Concorso internazionale dei Madonnari – Città di Taurianova, che in ginocchio, posizione che lei stessa definisce “privilegiata” ha tradotto in arte le parole della presentazione, regalando poi all’autrice Manuela Tulli la sua opera che vede una famiglia felice verso l’orizzonte, ma la luce del sole svela un’ombra in più, e quell’ombra dà il titolo all’opera “Ai bimbi non nati”.
Come il nascituro della famiglia Ulma, riconosciuto “martire” e beatificato con tutta la famiglia, ed è la prima volta nella storia. E’ un “battesimo di sangue”, come lo definisce il cardinale Marcello Semeraro nella prefazione, quello che ha portato per la prima volta alla beatificazione anche un bimbo non ancora nato, anche se la mamma, forse per il terribile choc di quel momento, aveva iniziato a partorire prima di essere uccisa.
Manuela Tulli, che qualche settimana fa ha ricevuto la Croce d’oro al merito dal Presidente della Repubblica di Polonia per la aver diffuso a livello internazionale la conoscenza dei polacchi che hanno salvato gli ebrei, ha sottolineato la bellezza della santità che non cerca eroismo.
“Sì, c’è un eccidio, c’è un martirio, ma quello che mi rimane è sempre la simpatia di questa famiglia, la loro scelta di amicizia e di amore. Una casa aperta, che ha accolto otto amici ebrei rischiando la vita e perdendola”, ha sottolineato l’autrice che si è soffermata più volte anche sulle foto che sono all’interno del libro e raccontano la quotidianità. Sono foto soprattutto del capofamiglia, Józef Ulma, fotografo amatoriale, che ha lasciato molti scatti a testimonianza della vita semplice e serena della sua famiglia. Volti sorridenti, sguardi eleganti, piedi scalzi e mani accoglienti.
Dalle foto la famiglia Ulma ricorda perfino i disegni di Astrid Lindgran e i suoi bambini di Bullerby, eppure tra il mondo che uccide e la mamma che protegge, c’è una vita beata. Tra un papà che cresce i suoi figli e una mamma che li educa, c’è una storia d’amore e di santità che ci fa ricordare che ci salveremo solo insieme. Non dalla morte, ma per l’eternità.
L’ospitalità poi diventa via per il martirio, via che mette in pratica immediatamente quel “dare la vita per i propri amici”, anche quando gli amici sono volti che hai appena incontrato e che diventano per un anno e mezzo bocche da sfamare, mani da consolare, petti da abbracciare.
La presentazione è stata arricchita anche da un’interazione con il pubblico, che ha avuto la possibilità di condividere le proprie impressioni. Tanti poi sono stati gli applausi, perchè Manuela Tulli è riuscita a raccontare emozioni, a trasmettere sentimenti e a coinvolgere il pubblico toccando corde profonde nei cuori dei presenti. Molti al termine si sono avvicinati per congratularsi personalmente con l’autrice, che ha dimostrato una grande disponibilità verso tutti trasformando una presentazione di un libro in un’esperienza di amicizia, capace di lasciare un segno profondo.
Perchè i libri ci “ri-legano”.