La famiglia nel corso del tempo ha subito diverse trasformazioni.
Oggi la famiglia si intende come luogo depositario di benessere mentale e fisico di chi ne fa parte. Alla base della famiglia moderna l’accento viene posto sull’aspetto emotivo- sentimentale, ovvero due persone formano una famiglia nel momento in cui sono innamorati.
È ormai ampiamente condiviso che, per creare al suo interno un clima di fiducia, bisogna sviluppare abilità relazionali e comunicative, tenendo conto dell’importanza che queste hanno nel diventare una risorsa fondamentale nel prendersi cura dei bambini.
Mai come in questo periodo di emergenza e cambiamenti i genitori hanno dovuto mettere in atto strategie e risorse per affrontare nuove sfide e guidare i propri figli.
In una società dove tutti, adulti e bambini, vanno sempre più di corsa, si fa fatica a trovare il tempo per stare insieme, parlare e condividere.
Bisogna creare spazi di condivisione preziosi non solo all’interno della famiglia, ma anche al di fuori di essa. I più piccoli dovrebbero essere aiutati ad entrare in contatto non solo con la propria sfera emotiva, ma anche con quelle dei pari per sviluppare abilità sociali per creare rapporti autentici e soddisfacenti.
In che modo la famiglia può diventare un sostegno quando si verificano problemi di gestione delle emozioni?
Alcuni studi riportano come il mancato riconoscimento delle emozioni, possano condurre alla sofferenza del bambino e avere ripercussioni significative non solo dal punto di vista del benessere individuale, ma anche sulla qualità delle relazioni interpersonali future.
Come Sameroff riporta: “L’esistenza umana è un’esistenza sociale”.
Le relazioni interpersonali, infatti, pervadono ogni istante della nostra vita, tenendoci costantemente connessi gli uni agli altri.
Saper riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e quelle altrui è fondamentale per ogni persona ma ancora di più per i bambini che, soprattutto nel periodo prescolare e nei primi anni di scuola, iniziano a scoprire il mondo delle emozioni.
Questa scoperta a volte non avviene in modo facile e può causare anche qualche disagio in questa delicata fase della crescita.
È importante ricordare che il bambino manifesta le emozioni in modo diverso dall’adulto, spesso ha difficoltà a parlare di ciò che prova e dargli un nome.
Non sapendo come gestire le sue emozioni, può capitare che reagisca con azioni violente o aggressive, proprio per la confusione interiore che lo tormenta, oppure può capitare che si chiuda in se stesso.
È dai genitori che si impara a esprimere le emozioni
La tradizione culturale ha tramandato lo stereotipo della figura maschile che, per essere veramente tale, deve evitare di mostrare emozioni come la tristezza o la paura tramite il pianto, indice di una fragilità che mal si accompagna alla virilità, che invece si dovrebbe manifestare attraverso la rabbia e l’aggressività.
Il contrario dello stereotipo della figura femminile mite e pacata, alla quale è consentito di esprimere le proprie emozioni tramite il pianto, e non attraverso la rabbia e l’aggressività.
I bambini di ieri, e quindi gli adulti che oggi sono genitori, sono stati spesso cresciuti seguendo questi criteri che non davano alle diverse emozioni il giusto valore e riconoscimento.
Per il bambino il genitore rappresenta il modello fondamentale e il punto di riferimento, dal quale apprende le modalità di comportamento e reazione nelle diverse situazioni, e dai cui impara perciò come riconoscere, esprimere, comprendere e gestire le emozioni.
Apprendendo le strategie per fronteggiare emozioni come la frustrazione, la rabbia o la paura egli avrà maggiori risorse per reagire alle difficoltà che si presenteranno nel corso della sua vita.
Proviamo ad immaginare come sarebbe la nostra vita se fossimo incapaci di dare un nome alle emozioni che proviamo.
Sarebbe difficile cercare di risolvere i nostri problemi se non riuscissimo prima ad indentificare la tristezza, la rabbia, la paura e altre emozioni. Non solo sarebbe difficile scegliere la cosa più utile da fare di fronte alle difficoltà ma in queste situazioni sarebbe ancora più difficoltoso chiedere o ottenere l’aiuto di altre persone.
Cosa fare per far apprendere ad un bambino come essere consapevole delle sue emozioni e di quelle degli altri:
- Il primo passo è insegnargli a dare un nome alle emozioni che prova.
- Insegnargli a riconoscere i segnali fisici che arrivano dal proprio corpo e che indicano quella emozione.
Ad esempio possiamo aiutare il bambino a riconoscere i segnali della rabbia e di monitorare la sua intensità su una scala da 1 a 10: il livello 1-3 indica una lieve irritazione, il livello 8-10 indica uno stato intenso di rabbia. L’intensità della rabbia può essere avvertita attraverso sintomi fisici quale calore nel viso e nello stomaco, rigidità delle mascelle, tremori alle gambe.
- Espandere il suo vocabolario emotivo. Molti bambini riferiscono di sentirsi o felici o arrabbiati, senza indicare altre emozioni comprese tra questi due estremi.
- Gli adulti possono discutere delle proprie esperienze, comunicare ciò che provano in determinate situazioni ad esempio spiegando al bambino il significato delle emozioni nel corso di una conversazione o di un gioco. Una semplice attività consiste nell’affiancare una foto o un disegno che esprime uno stato d’animo a fianco al termine che lo indica.
- Verbalizzare lo stato d’animo del bambino quando ne fa esperienza. Se ad esempio il bambino dà chiari segni di gioia, l’adulto potrebbe dire “Mi sembri proprio felice”, se mostra di essere triste dire “Vedo che sei molto triste”. È necessario comunicare al bambino che non c’è niente di male a sentirsi tristi, capita a tutti ogni tanto di sentirsi giù.
Se un bambino è arrabbiato o spaventato, potrà attivare una strategia solo se prima ha saputo identificare qual è l’emozione che l’ha turbato.
Oltre all’identificazione delle proprie emozioni, è utile saper riconoscere le emozioni di altre persone. Questo significa essere attenti all’espressione del viso e al linguaggio del corpo di coloro con cui si interagisce, notare il tono di voce e saper osservare gli aspetti fondamentali della situazione.
L’adulto può aiutare il bambino al allenarsi e riconoscere come una persona si senta in una determinata situazione ad esempio attraverso l’utilizzo di fiabe. L’adulto leggerà un racconto al bambino e, soffermandosi su alcuni episodi salienti, gli chiederà come si sarà sentito il personaggio in questione.
In definitiva, possiamo dire che se i genitori sono portati a reprimere le emozioni che ritengono negative, non parlandone o manifestandole solo attraverso comportamenti aggressivi, i figli non impareranno a loro volta a esprimerle in modo funzionale, bloccandole e reprimendole, oppure manifestandole in modo violento.
Se invece il bambino cresce in un ambiente dove gli adulti di riferimento esprimono in modo calmo tutte le loro emozioni, siano esse positive o negative, imparerà a poco a poco a esprimerle in modo sano, e anche a gestirle.
Così come per un genitore è frustrante vedere il proprio figlio star male perciò che lui stesso non riesce a capire, il bambino soffre se non riesce a riconoscere quello che sta provando e se non si sente accolto e capito da parte delle figure di riferimento.
Quando un bambino non riesce a comprendere quello che gli sta accadendo si spaventa e difficilmente riesce a comunicare ciò che sta provando.
Leggi anche il precedente articolo della nostra psicologa qui.